Questi drammi intollerabili sono la conseguenza delle politiche migratorie europee che, volendo impedire alle persone di arrivare in Europa, le obbligano ad affrontare itinerari sempre più pericolosi. Dietro ad ogni persona scomparsa in mare ci sono una madre, un padre, un congiunto, figli, cugini e amici, stretti nell’attesa, tra l’angoscia e la speranza.
L’assenza di procedure sistematiche e armonizzate impedisce alle famiglie di accedere alle informazioni relative alla sorte dei loro parenti. Tuttavia, quando una catastrofe tocca i propri cittadini (una catastrofe naturale, un attentato, un incidente aereo o navale, ecc) gli Stati europei possono fare ricorso a dispositivi sofisticati per chiarire le circostanze del dramma, tentare di recuperare i corpi delle vittime e identificarle. Esistono delle procedure per coadiuvare gli Stati e sistematizzare l’archiviazione dei dati. Vengono proposte cellule di crisi per sostenere e informare le famiglie delle vittime. Per le persone in migrazione non esiste nulla di tutto questo.
L’Italia è il primo paese europeo ad aver preso delle iniziative e elaborato dei protocolli specifici, anche se questi ultimi riguardano solo alcuni naufragi emblematici.
Il documento realizzato da Boats 4 People sulla procedura italiana in materia di identificazione delle persone decedute o disperse nel Mediterraneo è il frutto di un lavoro di quasi due anni di raccolta di informazioni presso attori ufficiali, associazioni, militanti, ricercatori e professionisti. È stato concepito come una guida per agevolare le pratiche che le famiglie e chi le sostiene possono compiere di fronte all’indifferenza degli Stati europei per quanto riguarda la sorte dei migranti, per evitare che i morti restino solo delle cifre inserite in statistiche e rapporti.