Il referendum era stato indetto dal governo Orban lo scorso 2 ottobre in occasione del quale il popolo ungherese è stato chiamato a pronunciarsi sul piano di ripartizione dei rifugiati tra gli stati membri dell’Unione Europea approvato dal Consiglio dell’UE a luglio 2015. La vittoria del referendum, infatti, non solo avrebbe messo in pericolo l’autorità del diritto europeo, che gli Stati Membri UE hanno l’obbligo giuridico di applicare negli ordinamenti interni, ma avrebbe anche costituito un’ulteriore lesione dei diritti di richiedenti asilo e rifugiati. Questi ultimi sono da tempo oggetto di una campagna diffamatoria e stigmatizzante dai toni nazionalisti e xenofobi promossa dal governo ungherese, e di misure che numerosi organismi internazionali hanno giudicato contrari agli obblighi sottoscritti dall’Ungheria in sede internazionale ed europea [1] , tanto da spingere la Commissione Europea ad aprire, nel dicembre del 2015, una procedura d’infrazione nei confronti di questo Stato membro [2], tuttora pendente.
“L’esito positivo del referendum si collega alla pubblicazione di due sentenze del Consiglio di Stato, dello scorso 27 settembre 2016, le quali hanno annullato il trasferimento di due richiedenti asilo verso l’Ungheria e la Bulgaria denunciando le carenze sistemiche nelle procedure di asilo e di accoglienza dei due paesi”
“Le sentenze appaiono di particolare rilevanza sotto il profilo sociale e politico, prima ancora che giuridico, in quanto sono suscettibili di incidere direttamente sui diritti dei migranti e richiedenti asilo che si troveranno nella medesima situazione, e si collocano nell’alveo di chi auspica una modifica della normativa relativa ad un sistema europeo comune di asilo che finalmente sia omogeneo e assicuri tutela effettiva ai richiedenti asilo in tutto il continente”
I ricorsi erano stati presentati da due richiedenti asilo che lamentavano carenze sistemiche nella procedura d’asilo e nelle condizioni di accoglienza nei due Stati Membri UE, e che successivamente avevano avanzato domanda di protezione internazionale in Italia. Quest’ultima, tuttavia, aveva chiesto alla Bulgaria e all’Ungheria la ripresa in carico degli interessati, in ossequio al Regolamento di Dublino.
Per la prima volta, i giudici hanno affermato che l’Ungheria e la Bulgaria sono Paesi poco garantisti nei quali i richiedenti asilo non possono esser trasferiti perché correrebbero il rischio di trattamenti inumani e degradanti, tramite, ad esempio, provvedimenti di detenzione, abusi commessi dalle forze dell’ordine e deficit di informazione [3].
“Le due sentenze costituiscono un precedente importante per la giurisprudenza europea in materia di asilo. D’ora in avanti, il rinvio di richiedenti asilo verso questi Stati membri non potrà più avvenire in modo automatico, ma dovrà fare l’oggetto di un esame dettagliato del sistema di asilo in questi due paesi e della sua conformità agli standard europei ed internazionali in materia”
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“Le pronunce mettono inoltre ancora una volta in risalto le debolezze del ‘sistema di Dublino’, che esige il rinvio dei richiedenti asilo verso lo Stato membro di primo ingresso nell’UE, imponendo dunque un onere eccessivo agli Stati frontalieri nella gestione dell’emergenza migratoria, e spesso a discapito delle carenze nei sistemi d’asilo e di accoglienza in tali Stati membri, che si traducono nel rischio di violazioni dei diritti di richiedenti asilo e rifugiati”
La suprema istanza amministrativa italiana conferma inoltre, attraverso queste due pronunce, la situazione di grave inosservanza da parte dell’Ungheria dei propri obblighi internazionali, specie in materia di asilo. Le violazioni accertate in questo ambito vanno ad aggiungersi a quelle osservate dalla FIDH nel corso di una missione d’inchiesta condotta nel paese nell’ottobre del 2015 in altri settori, quali la giustizia, la società civile, i media o ancora in ambito elettorale.
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“Tali violazioni si iscrivono in un progetto che possiamo definire sistematico messo in atto dal governo ungherese negli ultimi sei anni, e volto ad accentrare progressivamente i poteri dello Stato nelle mani dell’esecutivo a discapito di altri contrappesi in manifesta violazione della separazione dei poteri e degli altri principi su cui si fonda uno Stato democratico”
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“Il referendum del 2 ottobre, e le carenze nel sistema ungherese di asilo e di accoglienza constatate dal Consiglio di Stato italiano lo scorso 27 settembre, non sono che l’ennesimo episodio in una serie di attacchi sistematici mossi dal governo Orban contro i principi dello Stato diritto, i diritti umani e la democrazia. E’ tempo che tali attacchi facciano l’oggetto di una reazione seria da parte delle istituzioni europee, volta ad assicurare il rispetto da parte dell’Ungheria dei propri obblighi internazionali ed europei”
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Tale reazione dovrebbe comprendere anche l’attivazione della prossima tappa nella procedura d’infrazione aperta dalla Commissione Europea nei confronti dell’Ungheria in ragione della supposta violazione da parte di tale Stato membro del diritto europeo in materia di asilo.
Le conclusioni della FIDH a seguito della missione di inchiesta condotta in Ungheria in merito alla violazioni dei diritti umani, compresi i diritti di migranti, richiedenti asilo e rifugiati e dello Stato di diritto nel paese, saranno presentate in un rapporto che verrà pubblicato nelle settimane a venire.
Comunicato stampa dell’Unione Forense per la tutela dei diritti umani