In Francia la denuncia fa seguito alla decisione della Procura della Repubblica di Parigi di archiviare una precedente denuncia sporta nell’Aprile 2012 da diversi sopravvissuti. Oggi la denuncia con costituzione di parte civile in Francia e in Spagna rende obbligatoria l’apertura di un’inchiesta giudiziaria nei due paesi.
La nostra Coalizione, la quale sostiene i sopravvissuti di questa tragedia, esige che la giustizia francese e quella spagnola sanzionino la flagrante violazione dell’obbligo di portare soccorso, a qualunque persona in pericolo, commessa dalle forze militari del loro paese che hanno ricevuto i messaggi di SOS dell’imbarcazione alla deriva. Non ci possono essere giustificazioni al fatto che nessun soccorso sia stato prodigato ai passeggeri di un gommone che ha incrociato la rotta di un aereo, di un elicottero, e di navi militari.
Un’inchiesta dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, pubblicata nell’Aprile 2012, ha concluso che « i paesi aventi delle navi battenti bandiera nazionale nei pressi del gommone hanno mangato all’obbligo di salvare queste persone » (Vedere il rapporto « Vies perdues en Méditerranée: qui est responsable ? »). Recentemente, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo si é pronunuciata sulla sorte che l’Italia riserva agli immigrati che tentano di arivare in Europa dal mare e ha qualificato d’intollerabile il disprezzo e l’indifferenza di cui sono l’oggetto, dichiarando anche che il Mare Mediterraneo non é una zona di non-diritto.
Questo affare mette in causa ugualmente le forze militari britanniche, italiane, canadesi e belghe che si trovavavno anch’esse in prossimità dell’imbarcazione alla deriva. A questo titolo, i sopravvissuti hanno fin ad ora sporto denuncia in Italia e prossimamente in Belgio. Per quanto riguarda il Regno Unito e il Canada, paesi ove non è permesso alle vittime di avanzare delle azioni legali e i cui governi non hanno fornito risposte soddisfacenti, sono state fatte delle domande di comunicazione d’informazioni al fine d’ottenere delle precisioni sulle azioni degli eserciti di questi due paesi nel Mediterraneo nel periodo dei fatti contestati.
Riepilogo dei fatti:
Marzo 2011, 72 migranti partono dalla Libia in guerra a bordo di un battello pneumatico in rotta verso l’Italia. Presto perdono il controllo dell’imbarcazione e lanciano un SOS, che viene ricevuto dalla Guardia Costiera Italiana. Questi inviano quindi dei messaggi di soccorso alla NATO e alle navi militari presenti nel mar Mediterraneo indicando la zona ove era richiesto l’intervento. Queste domande di soccorso saranno ripetute ogni 4 ore per 10 giorni. Nessuno viene in aiuto. Il gommone incrocia un’aereo, un’elicottero militare, due navi da pesca e una grande nave militare, che ignorano tutti i suoi segnali di SOS. Dopo 15 giorni, la deriva riporta l’imbarcazione sulle coste libiche. A bordo restano solo 11 sopravvissuti, di cui 2 muoiono poco dopo l’arrivo in Libia. 63 persone, di cui 20 donne e 3 bambini, sono morti per mancato soccorso. (Vedere comunicato stampa, « 63 migrants morts en Méditerranée : l’armée française mise en cause pour non-assistance à personnes en danger »,e il rapporto di Forensic Oceanography).
Nel corso del 2011, anno marcato dalle crisi in Nord Africa, più di 2000 persone sarebbero morte o scomparse in mare, e questo mentre le acque al largo della Libia erano occupate in modo massiccio da forze armate in possesso di strumenti sofisticati. Congiuntamente a questa denuncia, la nostra Coalizione ribadisce il carattere incondizionato dell’obbligo di soccorso in mare che s’impone a qualunque entità presente.
*La Coalizione raggruppa le seguenti organizzazioni : The Aire Centre, Agenzia Habeshia, Associazione Ricreativa e Culturale Italiana (ARCI), Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), Boats4People, Canadian Centre for International Justice, Coordination et initiatives pour réfugiés et immigrés (Ciré), Fédération internationale des ligues des droits de l’Homme (FIDH), Groupe d’information et de soutien des immigré.e.s (GISTI), Ligue belge des droits de l’Homme (LDH), Ligue française des droits de l’Homme (LDH), Migreurop, Progress Lawyers Network, Réseau euro-méditerranéen des droits de l’Homme (REMDH), Unione Forense per la Tutela dei Diritti Umani (UFTDU).
Addendum alla "Rapporto sulla Left-to-die boat" (in inglese)
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